Ogni storia è a sè.
Quella di I. è particolare esattamente come le altre.
Ognuna di voi è unica e irripetibile e ad ognuna di voi è riservato l’approccio che più si plasma con il proprio essere.
Spesso leggo domande di richiesta di consigli su gruppi fb e forum: non c’è nulla di più sbagliato! Quello che fa bene ad una persona non è detto vada bene per l’altra.
Si chiama “CORPO UMANO” e vi assicuro essere una meraviglia.
Si tratta di una “macchina” perfetta e molto complessa per cui ogni professionista fa la sua parte andando a cucire su misura il vestito alla persona che ha davanti. Persona, esattamente, non paziente!

La vulvodinia, più di altre patologie è complessa e non è possibile sconfiggerla se non con un approccio multidisciplinare.

Vi consiglio di leggere ogni racconto ma di tenere presenti che “ogni essere umano è unico e irripetibile” Cit.

Nel 2016, a 29 anni, ho fatto la mia prima visita ginecologica.
Non ero vergine ma, dopo il singolo rapporto che mi aveva fatto perdere la verginità, non avevo più avuto rapporti con penetrazione.
Sembrava che la mia vagina avesse innalzato una barriera invalicabile.

La ginecologa mi ha detto che soffrivo di vaginismo.
Ne avevo sentito parlare una volta: in un telefilm una ragazza non riusciva ad avere rapporti, le viene diagnosticato il vaginismo e in tre saltelli, avvalendosi di un dildo, riesce a risolvere da sola.
Guardandolo, avevo pensato confusamente che poteva essere la stessa cosa che succedeva a me. Ma all’epoca forse ero ancora vergine, non lo ricordo bene.
La percezione di una vagina impenetrabile però c’era già, complice un episodio durante il quale avevo provato maldestramente a inserire un tampone e il risultato erano state contrazioni e conati di vomito.
Fatto sta che la visita dalla dottoressa ha rappresentato per me uno spiraglio di speranza. La sua dolcezza mi ha rianimato. Mi ha consigliato di rivolgermi al Centro di riabilitazione del pavimento pelvico.
Così ho fatto.
Mi hanno dato una serie di esercizi da fare da sola nella zona perineale. Il risultato è che, massaggio dopo massaggio, io e il mio fidanzato a febbraio del 2017 siamo riusciti finalmente ad avere un rapporto con penetrazione. Ho sentito di avercela fatta, eravamo felici. Ma la strada era ancora lunga. Come la perdita di verginità non aveva automaticamente spalancato a mio piacimento le porte del rapporto sessuale completo, questo traguardo, ottenuto grazie ai massaggi, non aveva sbloccato un tarlo che persisteva a mia insaputa nella mia mente. Andava meglio di prima, riuscivamo ad avere rapporti, per me era una svolta. Presa dall’entusiasmo non ho ripreso appuntamento al Centro di riabilitazione del pavimento pelvico perché pensavo di avere risolto. I ricordi ora sono un po’ nebulosi, in realtà forse dal Centro mi avevano ricontattato. Io mi trovavo a Londra o Milano, ricordo che ero in un museo, ho risposto al telefono, ho ripreso appuntamento. Ma un impegno di lavoro lo fece saltare e non lo ripresi. Già all’epoca la ginecologa o il Centro (non ricordo più) mi avevano consigliato di rivolgermi a una sessuologa, una dottoressa che riceveva a Lucca. Mi ero messa in contatto con lei telefonicamente, ma a un certo punto la cosa è caduta là, complici due fattori: il lavoro su turni che scombinava la mia già precaria organizzazione (sono una persona disordinata e procrastrinatrice) e, principalmente, la mia convinzione che tutto si fosse risolto.
Le cose non andavano benissimo, il mio compagno me lo faceva presente, c’erano momenti migliori e momenti meno buoni. Ma come potevo io sapere in cosa consistesse un rapporto in cui ci si sente davvero partecipi e coinvolti se non l’avevo mai provato? O meglio, se era successo sporadicamente, grazie a una serie di improbabili congiunzioni astrali che costituivano l’eccezione e non la norma? Ricordo un periodo relativamente sereno verso ottobre 2018, in cui i rapporti erano più frequenti (la frequenza poteva essere l’unico criterio di valutazione, poiché il mio coinvolgimento era sempre frenato). Tra la fine del 2018 e l’inizio del 2019 ho preso la candida. L’ho trattata col gynocanesten, è passata per un po’, è tornata, e stavolta la pomata non mi ha giovato in alcun modo. I rapporti sono diventati quanto mai dolorosi e sempre più sgradevoli. Io e il mio fidanzato siamo provati ognuno dal proprio retaggio di frustrazioni e dalla sensazione, ognuno per conto proprio, di non essere compreso appieno dall’altro. A maggio ho preso appuntamento dalla ginecologa, l’appuntamento viene fissato per luglio. Le liste di attesa purtroppo sono sempre lunghe. Ho ricevuto una cura per la candida fatta di antimicotici, fermenti lattici, ovuli. Inizialmente mi è parso di trarne beneficio, ma il bruciore persisteva. Ho scritto una mail alla dottoressa a ottobre 2019, lei mi ha consigliato di ripetere la terapia a fine ottobre.
Qualcosa però non quadrava, niente migliorava. Una delle mie più care amiche mi offre inconsapevolmente la soluzione, da sempre mi parlava bene della sua ginecologa, la dottoressa Del Bravo. Il vantaggio era che, a differenza dell’altra dottoressa, si trovava a Pisa, era anche più comodo per me. Ho deciso di chiedere un altro consulto, non poteva far male. Mai decisione fu più provvidenziale. Il 29/01/20 ho fatto la visita ma, sorpresa!, non c’era nessun vaginismo e non c’era solo la candida. A quanto pare soffrivo di vulvodinia. Non posso nasconderlo, lo scoramento che ho provato è stato profondo. Mi sembrava che il mio apparato genitale fosse proprio sfortunato. Ho versato pure qualche lacrima, imbarazzante per me, ma anche liberatoria. Mi sono detta che era un bene essere venuti a capo di qualcosa ed era una fortuna aver trovato una persona che potesse diagnosticarmi una patologia che, com’era evidente, non tutti i ginecologi conoscevano o prendevano in considerazione. La dottoressa Del Bravo mi ha dato il contatto della dottoressa Vescio, una fisioterapista con cui ho iniziato una riabilitazione. Alla prima visita, come consigliatomi dalla dottoressa Del Bravo, ho portato il mio compagno per fargli avere informazioni di prima mano. Da qui è iniziata la risalita della china. Bisogna dedicare tempo e attenzione alla cura: ci sono fermenti lattici da prendere mattina e sera, goccine, ovuli, massaggi con creme e Valium. Il miglioramento fisico era tangibile. Le sessioni con la dottoressa Vescio sono diventate un momento piacevole, di conversazione e confronto, per il rapporto umano che si instaura con lei, una persona in gamba, più o meno mia coetanea. A rallentare un po’ le cose (ma chi mai ha fretta, siamo nel 2020 e ho 33 anni suonati, non sarà certo un mese in più o in meno a fare la differenza!) è intervenuta la pandemia. Ho proseguito coi miei massaggi. Il bruciore si era alleviato, ma era una presenza costante, a ogni rapporto mi aspettava al varco, si palesava sempre a guastare il momento del rapporto impedendomi di dimenticare che lui era là e non voleva andarsene così facilmente. Fra uno spiraglio e l’altro della quarantena abbiamo ripreso qualche incontro in presenza. L’idea di chiedere un aiuto psicologico era già venuta fuori. L’estate era alle porte, quindi io e la dottoressa Vescio abbiamo deciso di riparlarne verso settembre. A settembre ho preso appuntamento dalla dottoressa Del Bravo per fare il punto della situazione, con la dottoressa Vescio presente. Sono entrata nello studio piena di ottimismo, sono uscita con un nuovo peso sul cuore. I miglioramenti non erano quelli che ci si aspettava. Ma avevo un numero di telefono in mano e mi sono accordata con la dottoressa Gabbriellini per iniziare, finalmente, la psicoterapia. Finalmente! Iniziamo il 23 novembre, gli incontri sono a cadenza settimanale. Lei è specializzata in EMDR, l’acronimo sta per Eye Movement Desensitization and Reprocessing. Un metodo che permette quindi di rielaborare e processare eventi traumatici. Insieme al metodo, la terapia mi fornisce una serie di elementi su cui riflettere, delle frasi che mi colpiscono più di altre, che, apparentemente “innocue”, diventano una chiave, un giro di vite, un lucchetto che apre qualcosa, che rende accessibile una parte di me rimasta sopita, oscura, messa a tacere, ignorata, sminuita. Se non fosse scienza sembrerebbe magia. Deve essere la forza della parola. Smuove qualcosa, in modi inaspettati. Una forza tale che mi fa versare lacrime anche adesso che scrivo, chissà perché. Per arrivare a una conclusione, che non è la fine della mia esperienza, la psicoterapia ha fatto sì che il rapporto sessuale diventasse per me, al di là della pura meccanica dell’atto, permessa dalle cure delle bravissime dottoresse Del Bravo e Vescio, un momento di cui io stessa sono protagonista e partecipe. È una sensazione meravigliosa e senza quest’ultimo tassello non l’avrei mai raggiunta. Ringrazio quindi questo meraviglioso team al femminile che mi ha seguita e accompagnata fin qui. Come ho detto, questa è la fine del mio resoconto ma non la fine della mia crescita.